Disguised in trasferta

Disguised – Non vedo il mare

nomefalso – neppure a Venezia lo vedi dalla stazione. Nervosa?

D. – In questi casi sempre

N. – C’è un porticciolo privato ben attrezzato non distante. Ci arriviamo a piedi, ti va?

D. – Sì va bene, sono stanca del viaggio ma ho una gran voglia di camminare.

N. – lasciamo le valige in auto e  andiamo.

I due si avviano.

N. – Ecco, questa è la via dello struscio. Una specie di vetrina da paese. In fondo son poche le città non provinciali in Italia: Milano, Roma, poi?

D. – Venezia?

N. – Venezia è  schizata. Noti più che altrove la frattura fra la gente del posto  ed i turisti. Ha una forte connotazione indigena ed al tempo stesso un’organizzazione commerciale pensata per il turista.  la gente però  è orgogliosa di sè, del dialetto, dei costumi,  non scimmiotta comportamenti temendo d’essere provinciale.

D. – In effetti è così, il segno più marcato del provincialismo sta proprio nell’ostentazione dello sforzo patetico  per nasconderlo.

N. – E pure ridicolo alla fine, no?

D. – Il patetico ha sempre qualcosa di comico

N. – O di tragico. Cioè si legge l’aspetto comico per assolvere, in fondo, con sentenza che dichiara  leggerezza o  infatilismo. E spesso, invece, dietro tutto questo c’è una tragedia, un vuoto di identità. Ciò  che  poi caratterizza  questo  nostro tempo,  no?

D. – Tragico e comico hanno al stessa radice. Penso alla tragedia greca che volle enucleare il tragico forzando l’idea di realtà. Ma era più che altro un’esigenza pedagogica. E’ lo scarto, l’atto mancato, l’incepparsi di una procedura, che può anche produrre conseguenze nefaste ma  nell’immediatezza ti fa scompisciare dal ridere. Pensa a uno che d’improvviso inciampa e cade davanti a te. Non ridi? Magari poi lo soccorri, ti preoccupi   e quello alla fine  perde pure una gamba.

N. – Le tue invece  godono di ottima salute. Hai fretta?

D. – no, sì, muoio di curiosità. Dov’è sto porticciolo? Dici che il Velista abboccherà?

N. – dall’idea che mi son fatto di lui sul blog penso di sì. Dopo tutto è una ventuno metri, due alberi, troppo anche per lui. E’ quella lì attraccata sul molo ad est. 

D. – Maestosa!

N. – Com’è che sta sul cazzo a tutti sul blog? Ti piace fare la vittima eh?

D. – Vittima? Fare dici? io sono una vittima di quel maledettissimo uomo.

N. – Ma poi ha cambiato la BMW? Se  bacca non conta balle dovrebbe aver ingrippato intorno a maggio 2007

D. – Possiamo cambiare discorso? vorrei godermi questo panorama stupendo.

N. – Allora conviene girarsi,  guardare ad ovest, il mare è sgombro, niete barche

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9 risposte a Disguised in trasferta

  1. Disguised ha detto:

    Impressionata! Diciamo che nel tuo dialogo vengo fuori colta e arguta, cosa che non sono nella realtà… Fantastico! 🙂

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  2. nomefalso ha detto:

    Troppa modestia storpia. immagino tu abbia una formazione classica . poi, chi si occupa dell’uomo e della sua psiche, si occupa anche del suo doppio. lo si sappia o no, c’è sempre una maschera di mezzo. Dov’è la sorpresa.

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  3. Disguised ha detto:

    Mica per niente ci si chiama Disguised… 🙂

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  4. nomefalso ha detto:

    il ci si è fantastico

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  5. bacca ha detto:

    LA bacca, non il bacca! 😉

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  6. nomefalso ha detto:

    ah bene, meglio. Ricorderò

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  7. caosmogonia ha detto:

    Figliuoli, qui voi vi perdete tra maschere, doppi e disguidi…
    qui non fino ad oggi ci si limita alla sindrome della tripla personalità

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  8. nomefalso ha detto:

    Il tre dicono sia il numero perfetto. Forse perchè è l’unico sincero, il solo a restituire un doppio per ogni unità che contiene.

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  9. nomefalso ha detto:

    troppo figo ero

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